‹‹Poscia, più che ‘l dolor, poté ‘l digiuno››
Inf, XXXIII, v. 75
Il conte Ugolino e i suoi figli in una rappresentazione di Gustavo Doré. |
Questo verso è impossibile da parafrasare e di difficile interpretazione, poiché come in altri passi della sua Commedia, anche qui Dante ha voluto ambiguamente lasciare alla frase molteplici significati e sfumature. I principali filoni interpretativi sono due: il primo sostiene che il conte Ugolino, dopo la morte dei suoi figli, si sia cibato dei loro corpi prima di morire anch’egli; il secondo invece crede che semplicemente il conte Ugolino sia morto subito dopo i suoi figli, non tanto per il dolore, quanto per il digiuno straziante che ormai lo aveva reso cieco e debole.
Il filone interpretativo legato all’antropofagia del conte Ugolino si basa su una voce di cronaca popolare secondo cui all’apertura della cella, i cinque corpi senza vita vennero ritrovati straziati: ‹‹l’uno che mangiò delle carni all’altri››.
Il filone legato alla morte del conte Ugolino per disperazione e digiuno è basato sulla testimonianza secondo cui all’apertura della cella della fame, nel marzo del 1289, i cinque corpi senza vita vennero trovati intatti, e apparentemente la loro morte sembrava vicina.
Il conte Ugolino che rode la testa dell'arcivescovo Ruggeri, in un'illustrazione di Gustavo Doré. |
Dante lascia volontariamente ambiguo il verso finale del discorso del conte Ugolino; tuttavia nel corso del canto dissemina indizi che lasciano intendere il suo scopo: far credere al lettore che il conte Ugolino abbia effettivamente mangiato i suoi figli. Infatti il canto si apre con un’immagine antropofaga ‹‹La bocca sollevò dal fiero pasto/ quel peccator, forbendola a’ capelli/ del capo ch’elli avea di retro guasto›› (vv. 1-3) e tra i versi sono presenti numerosissimi termini che fanno riferimento al campo semantico del manducare: ‹‹rodo›› (v. 8), ‹‹fame›› (v. 23), ‹‹magre, studiose›› (v. 31), ‹‹scane›› (v. 35), ‹‹fender›› (v. 36), ‹‹pane›› (v. 39), ‹‹cibo›› (v. 44), fino a ‹‹digiuno›› del verso 75 preso in esame.
Inoltre Dante inserisce un’allusione all’antropofagia nel verso 58, in cui il conte Ugolino racconta: ‹‹ambo le man per lo dolor mi morsi››; questo atto mette soggezione ai figli, spaventati anche dal sogno premonitore (vv. 28-36) al punto che sembra sentano la sorte che spetterà loro.
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